venerdì 6 gennaio 2017

OBIETTIVITÀ PER LE SPESE GENERALI

Se ampliamo la visione dall'economia aziendale ai cicli economici, se passiamo dal fissare l'albero ad aprire l'obiettivo sulla foresta, ci rendiamo conto che non esiste una autonomia delle tecniche e politiche di gestione aziendale rispetto alle teorie egemoni che emergono nelle fasi economiche, e che vengono elaborate e divulgate dai think-tank di maggior peso politico-economico (grandi società di revisione, gruppi di riflessione, università).
Certo, nel dire questo, non ho scoperto l'acqua calda. Vi è una vasta pubblicistica in materia: per esempio Arnold Harberger della scuola di Chicago (collega di Milton Friedman) distingue tra economia come "scienza" e come "arte": la prima secondo il paradigma neoclassico riguarderebbe lo studio dell'efficienza, mentre la seconda riguarderebbe l'azione dei tecnici nei processi decisionali concreti.
Mi preme perció sottolineare che l'intreccio tra teorie economiche e pratiche di management aziendale è molto piú stretto di quanto sembri.
Un esempio che ho sempre ritenuto paradigmatico di questa relazione, che si puó riconoscere come un rapporto di causa (le teorie generali macroeconomiche) ed effetto (le tecniche e pratiche di gestione) è dato dal trattamento delle spese generali e dei costi della struttura. Negli anni '70 del 900 negli USA, e poi nel decennio successivo in Europa e in Italia, si è cominciato a parlare di (drastica) riduzione delle spese generali e dei costi della struttura. In un ambiente di mercato che si delineava sempre piú competitivo, e dove si affermavano sempre piú le grandi scuole del pensiero liberista, le spese generali e i costi della struttura tendevano ad essere rappresentati sempre di piú come una zavorra di cui liberarsi. Proliferarono in quei periodi (e non hanno mai smesso) le conferenze e i corsi (a lauto pagamento) delle varie scuole di formazione manageriale incentrate su come ridurre questi costi (con promesse addirittura di tagli a due cifre). Furono gli anni della teorizzazione delle esternalizzazioni delle attivitá no-core, delle strategie di cost-cutting (integrazioni di servizi e trasferimenti all'estero), dei licenziamenti di massa come strategia di HHRR, di ridefinizione delle strategia di acquisto volte al contenimento delle scorte e dei prezzi.
Aleggia, tuttavia, da sempre un problema, che è quello della misurazione delle performance comparate tra i costi per transazione (facile da effettuare) e le efficienze in termini di servizi e soddisfazione del cliente (che, di solito, non rientra nei paradigmi di controllo).  
Infatti, i risultati di azioni di riduzione dei costi indiretti di carattere generale sono identificabili velocemente in termini di conto economico, a brevissimo; ma a medio termine sono estremaemnte difficili da rilevare. I vantaggi competitivi delle spese generali e dei costi della struttura sono in gran parte immateriali, e spesso si avvertono in un periodo di tempo relativamente lungo. I costi di alcune attività rientranti nelle spese generali tendono a variare al variare dei volumi di transazione processati (ordini ricevuti, articoli venduti, ddt registrati, ecc.). Ma, nel determinare una politica di controllo delle spese di questo tipo, non c'è un reale problema di "costi": si tratta di valutare la spesa delle varie attività in relazione ai benefici che se ne possono trarre, tenendo ovviamente sempre presente il reddito disponibile per coprire tali spese ed avere una remunerazione certa del capitale investito.
Tali spese e costi sono di solito relazionati alla percezione del servizio reso ai terzi, ai clienti soprattutto. E pertanto il criterio del loro dimensionamento non puó essere frutto di un semplice calcolo economico quando la loro contrazione puó portare a medio ad un deterioramento degli indici di competitività e allo sforzo di neutralizzare le pratiche dei concorrenti.
Con questo non voglio assolutamente affermare che si debbano mantenere le cattive pratiche gestionali, oppure che vi debba essere la piú completa immutabilità di situazione inefficienti.
Solo che queste possono essere eliminate non con tagli indiscriminati di personale e spese, ma pianificando nel tempo processi informativi e formativi adeguati, in modo che il servizio reso (e percepito) al cliente sia sempre migliore, e si possano processare volumi di lavoro sempre piú ampi attraverso la semplificazione, senza pesare sui ritmi lavorativi in maniera abnorme.

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